Sperare a Pasqua: la nostra fragilità, una straordinaria occasione di incontro con gli altri
di Vittorio Biemmi, presidente Cassa Padana
Tanti sentimenti, il dolore, la commozione, lo sconforto, l’ansia, la preoccupazione, l’impegno, l’aiuto reciproco, il coraggio si intrecciano e albergano dentro di noi, facendo di questo tempo pasquale un periodo veramente unico.
L’immobilità parziale a cui siamo costretti e l’assenza di tante cose, utili e soprattutto inutili che popolavano in modo bulemico la nostra quotidianità precedente l’emergenza, si trasformano in una maggiore capacità di attenzione, concentrazione e discernimento verso ciò che è realmente importante e merita il nostro impegno.
E’ un tempo difficile che ci costringe ad andare in profondità delle nostre esistenze, alla radice di ciò che ognuno di noi è o che insieme siamo.
Custodire e far sedimentare le tante domande senza risposta che emergono dentro di noi è la base per far emergere la speranza, che per sua natura ci spinge ad andare oltre a ciò che oggi appare impossibile e privo di forma logica, confortata da ragione e puri numeri.
La speranza è una forza interiore profonda e travagliata, ben diversa dai facili slogan ottimistici, spesso retorici se non sgradevoli in tempi tragici.
Ci riscopriamo estremamente fragili, a livello di ogni singola persona e istituzione. Tutti, nessuno escluso.
E’ un salutare bagno di umiltà che non significa l’assunzione di un atteggiamento dimesso e passivo, ma bensì maturare la consapevolezza della propria non
autosufficienza, del bisogno degli altri per raggiungere obiettivi e risultati in qualsiasi campo.
Questa condizione di fragilità è una straordinaria occasione di incontro con gli altri.
Grandi istituzioni, destinate a durare nel tempo, sono nate proprio dalla condivisione solidaristica fra le persone delle loro grandi fragilità.
Speriamo che questo periodo pasquale, difficile come mai è stato, diventi davvero un momento di passaggio generativo, interiore prima e che poi riesce conseguentemente anche a mostrarsi nella realtà esteriore.
Speriamo. Dentro di noi custodiamo queste domande, anche se non intravvediamo ancora pienamente forme e modalità per esprimerle concretamente.