Donne, lavoro e impresa: fondamentale l'accesso al credito senza discriminazioni

L’accesso al finanziamento è uno degli ostacoli principali alla creazione e alla crescita di imprese femminili. Purtroppo oggi le donne imprenditrici fanno più fatica a ottenere finanziamenti.

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08 marzo 2021
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Le imprese femminili sono discriminate due volte nell'accesso ai finanziamenti. Un'analisi su Italia e Regno Unito mostra perché l’inclusione finanziaria è uno strumento cruciale per ridurre la diseguaglianza di genere nel sistema economico.

Lo scrive Roberta Rabellotti, economista e docente universitaria sul portale InGenere giusto un anno fa. Un mese prima di quell'8 marzo 2020 che segna l'epoca della pandemia e, per quanto riguarda le donne una debacle dal punto di vista occupazionale.

Abbiamo letto tutti i dati forniti la scorsa settimana dall'Inps: a dicembre 2020 gli occupati sono diminuiti di 101mila unità, un numero già di per sé tragico, ma reso ancora più preoccupante dalla suddivisione di genere con cui questo è avvenuto.

Si è trattato infatti di un crollo quasi esclusivamente femminile, con 99mila donne che sono finite disoccupate o inattive.

Un fenomeno che si ritrova, sebbene con numeri un po’ meno estremi, anche guardando a tutto l’anno. Dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne.

Diventa imprescindibile che le donne trovino nelle banche, con il sostegno dei Governi nazionali, un partner di fiducia per l'accesso al credito. Obiettivo al momento lontano secondo la ricerca di cui scrive Rabellotti. 

Ne viene fuori che l’Italia e la Gran Bretagna arrancano rispetto ad altri paesi avanzati anche per quanto riguarda l’imprenditorialità femminile, nonostante la Gran Bretagna presenti condizioni molto più favorevoli alla nascita di nuove imprese femminili rispetto all’Italia.

In entrambi paesi, infatti, ci sono solamente cinque donne imprenditrici ogni dieci uomini, mentre negli Stati Uniti e in Canada, per esempio, ce ne sono otto ogni dieci.

Nel lavoro Investing in women: what women-led businesses in Italy and the UK need, finanziato dall’Ambasciata britannica a Roma, con Holly Lewis-Frayne di E-Economics e Paola Subacchi della Queen Mary University of London, Roberta Rabellotti ha esplorato come le imprese femminili in Italia e in Gran Bretagna finanziano la propria attività.

L’accesso al finanziamento è uno degli ostacoli principali alla creazione e alla crescita di imprese femminili e l’Italia e la Gran Bretagna sono tra i paesi in Europa dove le donne imprenditrici fanno più fatica a ottenere finanziamenti in tutte le fasi di sviluppo dell’impresa, dalla nascita alla crescita.

Lo studio, inizialmente avrebbe voluto verificare se una maggiore presenza femminile nei consigli d'amministrazione delle banche avesse un qualche impatto sulle loro politiche di credito e in qualche modo riducesse la discriminazione che subiscono le imprese femminili.

In realtà, denuncia la studiosa, "rispondere a questa domanda non è stato possibile perché le banche non rendono pubblici dati disaggregati per genere sulla loro clientela business"

Più in generale non sono disponibili dati con i quali svolgere analisi comparate a livello internazionale e quindi una delle indicazioni di policy finale del rapporto è proprio quella che sarebbe necessario iniziare a raccogliere dati disaggregati per genere nel settore finanziario, accordandosi a livello internazionale su una definizione comune di impresa femminile.

L’inclusione finanziaria è uno degli strumenti principali per ridurre la diseguaglianza di genere nel sistema economico, e quindi per raggiungere il quinto obiettivo di sviluppo sostenibile.

Da tempo è chiaro come la parità di genere passi anche attraverso l’indipendenza economica e come per questa sia essenziale una maggiore e più qualificata partecipazione delle donne al sistema economico, sia in termini di maggiore occupazione che di opportunità nel mondo dell’imprenditorialità.

Per quanto riguarda l’accesso al finanziamento, denuncia Rabellotti,  lo studio evidenzia come le imprese femminili subiscano "una doppia forma di discriminazione".

In primo luogo, essendo più piccole e specializzate in settori meno produttivi 
– per esempio nel caso italiano più del 50% delle imprese femminili sono attività come lavanderie, negozi di parrucchiere o di estetiste – risultano essere meno interessanti per gli investitori.

Inoltre, le imprese condotte da donne sono percepite come più rischiose per una questione culturale.

Il risultato è che le domande di finanziamento da parte delle donne imprenditrici spesso non vengono accolte e quando lo sono, rispetto agli uomini, le donne si trovano a pagare interessi più elevati e a dover accettare condizioni più stringenti, anche se normalmente hanno una quota più bassa degli uomini di crediti in sofferenza – come è stato dimostrato a livello globale dal successo del microcredito che tradizionalmente si rivolge soprattutto alle donne.